Il giorno del matrimonio
Il giorno del matrimonio di Giorgio sembrava maledetto, potrei dirlo il giorno del martirimonio, concentrandomi nello scrivere con cura lettera per lettera affinché il dire male non possa confondersi con qualcosa di corretto. In quel girno maledetto e ancor prima mal scritto, Lidia non poté sollevarsi dal letto, schiacciata dal peso delle cuciture che univano la realtà. O chissà, solo si trattava del mondo, che stava cadendo a pezzi sotto il peso della volta celeste, ormai priva di leggiadria, vuota di stelle e piena di desideri inespressi.
Lidia quindi non si sollevò a tempo per il matrimonio di Giorgio e gli invitati stettero per ore aspettandola a naso in su, guardando il cielo speranzosi. Neanche Michela arrivò al matrimonio, chiusa nella quasi certezza di un dubbio irrisolto. Erano giorni ormai che Michela non stava bene; non è che stesse male, ma neanche poteva dire di stare bene. Stava arrotolata sul varco del dubbio e nel rotolare rapido delle parole, provò a seguire il rincorrersi confuso e un po’ discolo delle sillabe. Malestà, benestà, fattostà. L’evidenza del sentire la colse incerta sulla soglia della porta, senza sapere se stava uscendo o se stava rientrando. Camminava avanti e indietro strisciando i piedi, sembrava che qualcuno stesse muovendola da sotto il pavimento, come un pupazzo magnetico.
«Sembra una processione di figure ossessive, senza via di scampo» pensó Lidia, osservando il piegarsi incessante delle sue gambe posteriori.